Descrizione
Ascolta l'anteprima del commento di Gianfranco Baldazzi
L'8 gennaio 1985, Elvis Aaron Presley, ex-«negro bianco» del Mississippi, ex-camionista del Tennessee, ex-divetto country locale, ex-idolo internazionale del rock and roll ed ex-divo del cinema - felice e fortunata fusione di emarginazione sociale, ribellione generazionale, talento vero e show-biz all'americana - avrebbe compiuto cinquant'anni. E li avrebbe festeggiati alla grande, come fanno gli americani in queste occasioni, se il 16 agosto 1977 una dose eccessiva di psicofarmaci non lo avesse stroncato nella stanza da bagno di «Graceland», la sua mitica residenza di Memphis, Tennessee. Il primo vero idolo giovanile della musica pop, oggi sarebbe un uomo entrato nella «terza età» (NB - testo originale è del 1991 - NDR) . E trionfalmente. Sì, perché l'America raramente abbandona i propri divi: ci cresce insieme e insieme ci vuole invecchiare. Tuttavia, a dodici anni da quel lutto nazionale che fu la sua morte, l'immagine di Elvis non si è cancellata, come non è svanita la sua voce ora tesa, ora singhiozzante, ora melodica, ora swingante, ora trasgressiva, ora struggente, così ricca ed espressiva, da avere generato decine di imitatori diversissimi l'uno dall'altro.
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