Descrizione
Ascolta l'anteprima del commento di Gianfranco Baldazzi
Con la fine della guerra, l'occupazione e i giorni della Liberazione, la canzone di Napoli non può non cambiare voce. Un'epoca è davvero finita. Il popolo napoletano, per quanto avvezzo alle sofferenze, ha attraversato il suo momento più duro. Impossibile restituire alle sue canzoni quelle caratteristiche di immediatezza fuori dal tempo che le rendevano uniche. La gente è intesa a bisogni immediati, spasmodicamente cerca soluzioni ai problemi personali divenuti gravissimi. La canzone, strumento congeniale all'anima napoletana, si fa in un certo senso portavoce di questi cambiamenti. Perde di coralità, si fa più introversa, più indiretta (anche se gli anni
Cinquanta sono in grado di esprimere ancora pagine musicali di notevole spessore), cerca anch'essa di avvicinarsi alla realtà e di farsi cronaca, magari utilizzando l'ironia e lo sberleffo che l'antico café-chantant aveva ospitato in epoche più spensierate. Questa antologia - la seconda dedicata alla canzone napoletana - illustra un'evoluzione di questo genere antichissimo, che prende le mosse proprio da qui, dall'inizio degli anni Cinquanta in una città uscita dalla guerra con le ferite ancora aperte, che si consegna ad un'ebbrezza consumistica il più delle volte solo sognata.
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