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Ascolta l’anteprima del commento di Rodolfo Celletti
I cori comparvero già nelle prime manifesta-zioni operistiche – le favole pastorali dei compositori di scuola fiorentina – ma affidati ad un numero limitato di esecutori e con un ordito molto semplice. Il loro compito era duplice: narrazione di avvenimenti particolari ed espressione di sentimenti e stati d’animo collettivi. Nell’opera italiana della seconda metà del Seicento e della prima metà del Settecento, contrariamente a quanto avveniva nell’opera francese, il coro trovò poco spazio o fu addirittura ignorato. La sua funzione si rafforzò poi con operisti come Traetta e Jommelli, oltre che con Gluck e con Mozart.
Fu però con il romanticismo e anche nel nostro secolo che il coro si inserì a pieno titolo in quella che potrebbe essere definita come l’architettura musicale dell’opera. Di qui la nascita di pagine memorabili e l’impiego di complessi sempre più numerosi ed addestrati.
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